Nell'immagine è visibile una porzione della stanza con alcova, a eccezione del catino absidale. Osserviamo la stanza dalla prospettiva del catino absidale. in primo piano troviamo il retro della statua di venere realizzata da Cincinnato Baruzzi. Sullo sfondo la parete della sala con la finestra e in alto una porzione del soffitto.

La nostra storia

palazzo milzetti

Museo Nazionale dell’età neoclassica in Romagna a Faenza.

Palazzo Milzetti oggi si presenta nella sistemazione architettonica progettata dall’arch. Giuseppe Pistocchi (1744-1814) nell’ultimo decennio del Settecento. Fu il conte Nicola Milzetti, che già aveva affidato al Pistocchi la trasformazione (c.1785) del vecchio edificio della Posta, sul corso di Porta Imolese a Faenza, a coinvolgere l’architetto nella ristrutturazione del nucleo delle antiche case Milzetti, danneggiate dal terremoto del 1781.

Gli anni in cui furono condotti questi lavori sono probabilmente quelli immediatamente precedenti l’ottobre del 1796, quando l’atteggiamento dichiaratamente filofrancese del Pistocchi gli valse la prigione nel forte di San Leo, decretata dal governo pontificio. Al ritorno (febbraio 1797), la città gli aveva ormai voltato le spalle, preferendogli l’arch. Giovanni Antonio Antolini (1754-1841), appena rientrato da Roma e appoggiato dal nuovo gruppo egemone dei massoni di casa Laderchi.

Con la morte del conte Nicola Milzetti e il riscatto da parte del figlio Francesco dell’intera proprietà del palazzo, ha inizio il secondo tempo dei lavori, condotti con la consulenza dell’Antolini che, da Milano, progettò il completamento dello scalone e del salone ottagonale al piano nobile, aprendo la grande serliana sul giardino (1800-1801).

In successione, si colloca l’intervento di Felice Giani (1757-1823) e dei suoi collaboratori, documentato dai pagamenti registrati nel “Taccuino” manoscritto autografo dello stesso Giani: Principiato il lavoro in casa Milzetti allì 19 ottobre 1802. I pagamenti proseguono fino al 1805, che è anche l’anno segnato, a lavori ultimati, nel Gabinetto d’Amore al piano nobile.

A Giani va fatta risalire l’invenzione del partito decorativo, progettato in tutti i dettagli. Suoi sono infatti i disegni, ora ritrovati, per i pannelli a stucco eseguiti da Antonio Trentanove e successivamente da Francesco e Giovan Battista Ballanti Graziani; suoi sono gli studi per la parte ad ornato eseguita da Gaetano Bertolani e sue anche le soluzioni d’interno per gli arredi realizzati in quegli anni (specchiere, arredo ligneo della biblioteca…).

I dipinti sono stati condotti, anziché ad affresco, a tempera su muro; una tecnica meno costosa, che consentiva grande velocità nell’esecuzione e colori brillanti, trasparenti e tersi. Studi e disegni di Giani per i dipinti e gli stucchi di Palazzo Milzetti si conservano in numerose collezioni italiane e straniere. Il nucleo più consistente e omogeneo appartiene alla raccolta del Cooper-Hewitt Museum di New York.

Al di là della facciata di Giuseppe Pistocchi, non scompartita da avancorpi o lesene ma ornata dal bugnato a punta di diamante che corre attorno alle finestre, si passa al semplicissimo androne e raggiunge il piano terreno. Ha inizio a questo punto la sequenza, altrettanto preziosa e originale, delle stanze d’abitazione e dei servizi. È questo l’apporto nuovissimo del funzionalismo settecentesco, il risultato della moderna attenzione portata alle esigenze quotidiane della vita.

La storia del palazzo ha all’improvviso una imprevista conclusione. A tre anni appena dalla fine dei lavori, il 3 settembre 1808, un rogito notarile conservato nella biblioteca comunale di Faenza, rende esecutiva la cessione dello stabile e di tutti gli arredi da parte del conte Milzetti, chiamato a Milano alla corte vicereale di Eugenio di Beauharnais. 

Nel rogito alcune parole toccanti e di stima sono per i pittori Giani e Bertolani e per la loro “bravura nelle Pitture che attualmente adornano gli appartamenti”. Subentrò Vincenzo Papiani di Modigliana e nel 1814 l’ufficialità austriaca festeggiò nella Galleria di Achille, che era stato il luogo di incontro dell’aristocrazia giacobina, l’onomastico dell’Imperatore d’Austria. Nel 1818 divenne proprietà della contessa Teresa Bertoni Rondinini, che completò e arricchì l’arredo del palazzo, in quanto i Milzetti non avevano mai ammobiliato del tutto. Venne ampliato anche il giardino, sistemato secondo il nuovo gusto romantico con canneti, bambù e praticelli che conducevano a un rustico hameau, ancor oggi visibile. 

Dopo alcuni passaggi di proprietà, il palazzo è stato acquistato dallo Stato (1973), restaurato dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici di Ravenna, ed è stato aperto al pubblico nel 1979. Dal 2001 Palazzo Milzetti ha iniziato la sua vita istituzionale come Museo Nazionale dell’età neoclassica in Romagna.

Nel tondo è raffigurato un amorino mentre vola in cielo limpido e sorregge tre corone di fiori. L'amorino è una delle personificazioni delle stagioni raffigurate sul soffitto della camera di compagnia

Approfondimenti

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Nel tondo è raffigurato un amorino che vola in cielo notturno e trattiene nelle mani una torcia accesa. La torcia passa dietro la testa dell'amorino. L'amorino è una delle personificazioni delle stagioni raffigurate sul soffitto della camera di compagnia